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Riflessioni

Le mie parole non sono mie, non mi appartengono. Io sono solo un tramite: semplicemente accolgo le parole che mi vengono donate dalla Fonte di ogni parola e diligentemente le dispongo sul prato bianco del foglio di carta perchè prendano vita e come semi germoglino e diventino fiori...

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uccelli

Figli del Cielo

 

Ci sono esseri che portano in sé il ricordo del cielo. Altri, più numerosi, l’hanno perduto durante l’atterraggio.

I primi vivono in bilico. Come il funambolo sulla corda tesa. Come l’alpinista sulla cresta, un piede qua, uno là, dall’altra parte del crinale.

Non facile la vita, c’è sempre la paura di cadere.

Un passo falso e si può precipitare.

Bisogna fare acrobazie per tenersi in sella. Si impara l’arte, un po’ alla volta, con fatica.

Ma niente è scontato, non c’è nessuna garanzia. Il confine è sottile e non va varcato.

Si può solo gettare lo sguardo, ogni tanto, per aiutarsi a rimanere ritti. Lo spiraglio aperto sul cielo non è per tutti. Sottile è la fessura che lo separa dalla terra, passaggio stretto, come cruna d’ago. Eppure chi ricorda è salvo, lo dice il luccichio degli occhi, quasi un sorriso.

Un pezzo di cielo stretto tra le mani rende possibile il cammino, i passi lenti sulla nuda terra. Attaccati alle stelle da invisibile cordone, gli esseri di angeliche sembianze si muovono leggeri, capiente il cuore, l’anima sottile che freme al vento, pur lieve, pur lieve…

Non sono risparmiati dal dolore. Lo sentono profondo nelle fibre, scossa elettrica che li fa tremare. Li lascia esausti sul selciato. Ma poi risalgono la china, a testa alta, rivolta verso il cielo. Da lì viene il soccorso, da lì l’aiuto.

Canto di voci mai dimenticato, suono di tromba che riscuote a festa. Per alcuni segreta nostalgia di casa, per altri memoria soave di giorni ben più lieti. Si riconoscono subito tra loro: basta uno sguardo, un tocco oppure un gesto. Il ritrovarsi è gioia grande, che sa di Paradiso. Comune il linguaggio, comune la parola.

Si sostengono camminando a fianco, tra le occhiate stupite dei passanti. Non può capire chi ha dimenticato. Loro sì, loro sì… Si nutrono di luce come di acqua fresca di sorgente, per appagare una sete mai placata. Vanno vagando per boschi e per foreste, per amici gli alberi e le stelle. Figli del cielo, discesi sulla terra, fanno fatica a mettere radici. Son fiori delicati eppure nel contempo forti. E’ la memoria che li rende saldi. Saldi nelle scelte, saldi nel cammino. Perché loro vedono oltre il velo. Squarcio di nubi in mezzo al temporale. C’è altro, c’è altro, van dicendo. Qualcuno li segue, qualcuno li abbandona. Qualcuno li deride, qualcuno li accompagna. Loro sanno come creare il mondo. Sanno ch’è fatto d’argilla e polvere di stelle, impastate insieme. Sanno ch’è fatto di luce e carne, spirito e corpo e tutto è uno. Loro sanno chi sono. Ed è per questo che tocca a loro iniziare a cambiare il mondo.

Illuminare il buio

 

Viviamo in tempi difficili e bui. Se, da un lato, mai generazione prima della nostra ha potuto godere di un livello di comfort e di risorse tecnologiche  così avanzate come quelle di cui noi oggi disponiamo, è altresì vero, d’altra parte, che le forze oscure della cupidigia sembrano avvolgere il mondo in una nube tossica che ci toglie il respiro.

Il buio pare avanzare sempre più, ma noi non possiamo combatterlo. Perché il buio non è una presenza, è un’assenza, una mancanza e non si può sconfiggere ciò che non c’è, ciò che non esiste.

Il buio non è altro che assenza di luce: si può eliminarlo solo illuminandolo, cioè accendendo la luce !

Di fronte all’oscurità crescente ci sentiamo come bambini impauriti e disorientati, che nel buio vedono fantasmi e mostri spaventosi e tremano al minimo scricchiolio udito nella notte.

La realtà è che ci siamo dimenticati come accendere l’interruttore.

Se vogliamo superare la crisi che ci attanaglia tutti, dobbiamo diventare fiaccole viventi.
Perché solo quando decine, centinaia, migliaia di fiaccole, di luci piccoli e grandi si accenderanno
e si uniranno, il buio potrà cominciare a diradarsi e aprire spazio all’aurora.

Ecco la grande sfida che ci attende: un balzo quantico, un risveglio della Coscienza.  Il cambiamento è inevitabile e non si potrà più – né si dovrà – tornare indietro. Sta crollando ciò che è insostenibile, ciò che non funziona più, ma un’altra realtà può nascere !

Ecco perché è necessario e più che mai urgente mettersi in viaggio, un viaggio che non necessita traslochi o migrazioni ma può essere fatto da chiunque esattamente lì dove si trova, perché è un viaggio interiore, nelle profondità dell’anima, per ritrovare le proprie radici e riconnettersi alla Fonte. Solo così sarà possibile inventarsi un nuovo modo di vivere.

E’ giunto, amici miei, il momento di metterci in cammino e per poterlo fare occorre prima di tutto diventare CONSAPEVOLI, perché la conoscenza è potere, è quel traghettatore che ci permette di raggiungere l’altra sponda del fiume, che ci consente di accogliere e vivere nuove esperienze e di superare la paura.

Non possiamo trasformare nulla di ciò di cui non siamo consapevoli.

Siamo qui, amici miei, per spargere semi di consapevolezza, piccole scintille di Luce che possono illuminare un po’ il fitto buio della notte. Ognuno di noi, a suo modo, può farlo: se siamo qui oggi, in quest’epoca travagliata, è perché disponiamo delle risorse per farvi fronte.

Come ci ricorda Pinkola Estès, “Noi siamo stati fatti per questi tempi. Noi siamo necessari” e ciò che ci viene richiesto è di resistere alle raffiche di vento che soffiano sempre più forti, di non scoraggiarci di fronte alla tempesta che sembra infuriare sempre più violenta, ma di stare in piedi e mostrare il faro della nostra anima, “perché un’anima sul ponte nei momenti bui risplende come oro” e illumina tutte le altre anime che le stanno intorno.

Quindi troviamo il coraggio di stare con quello che c’è, non per subirlo ma per coglierlo come occasione per andare sempre più in profondità nella nostra anima, e continuiamo il viaggio con fiducia e con speranza…

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